Falsa Partita IVA: l’imprenditore vorrebbe assumere il collaboratore ma non può, probabilmente perché gli costa troppo e perché non vuole trovarsi sulle spalle un costo fisso se i suoi affari dovessero peggiorare. Così propone di aprire una partita IVA per svolgere un lavoro a tutti gli effetti da dipendente (orari, rapporto gerarchico, presenza in ufficio, eccetera) ma con l’impianto contrattuale leggero di un fornitore, di un consulente esterno.

Il fenomeno purtroppo negli ultimi anni è esploso ed ha creato non poco malcontento. La riforma Fornero ha cercato di arginarlo, con il risultato che il lavoro che transitava su questo “canale di lavoro oscuro” si è semplicemente ridotto senza riversarsi su canali contrattuali più seri.

Che lo schema della “falsa partita IVA” sia inaccettabile sempre e comunque è innegabile, l’unica via per renderlo tollerabile e addirittura virtuoso, nel contesto dell’attuale mercato del lavoro, è quella di trasformare il problema della falsa partita IVA in opportuna, ossia: considerarla proprio come una vera partita IVA, dal punto di vista dell’approccio professionale, commerciale e imprenditoriale. Se chi legifera fosse più vicino alle esigenze dei piccoli lavoratori, potrebbe studiare ed elaborare molteplici soluzioni-equazione negli interessi sia del lavoratore che dell’imprenditore. Faccio un esempio:

L’imprenditore, nel momento dell’ingaggio del lavoratore potrebbe versare dei soldi ad un fondo di “orientamento imprenditoriale” da utilizzare per dare alla “falsa partita iva” strumenti finanziari e formativi per comportarsi da vero microimprenditore, ossia da “vera partita IVA, come ad esempio: promuoversi sul web, ricercare altri “clienti/datori di lavoro”, aggiornarsi, comprendere i principi di contabilità e tassazione, costruire business plan, consorziarsi con altri professionisti (condividendo magari gli stessi spazi fisici di lavoro) per sviluppare sinergie. Il patto è questo: “io accetto di essere ingaggiato come libero professionista e tu mi dai gli strumenti per comportarmi effettivamente come tale”.

In Germania negli ultimi anni è stata coniata l’espressione ICH AG, letteralmente IO S.P.A. e anche in Francia si è cercato con risultanti promettenti di favorire una autentica “autoimprenditorialità”. Credo che anche in Italia dovremmo prendere in merito a questa realtà una direzione definita. O trasformiamo la nostra anomalia nell’occasione per fare una politica illuminata di vera incentivazione dell’autoimprenditorialità o scegliamo di eliminare alla radice la “falsa partita IVA”.

Attualmente la 'Falsa Partita IVA' non si configura come un sistema “leale” per ambo le parti (lavoratore r datore di lavoro), quindi uno schema così non è accettabile e alla lunga non giova a nessuno.

(Dott. Danilo Turano, dottore commercialista e revisore dei conti)

 

D. L. 20/03/2014. Stop a 'False Partite IVA' e 'Contratti di Lavoro a Progetto'

 

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