Il trattamento, ai fini previdenziali, dei compensi erogati dalle associazioni sportive dilettantistiche e dalle società sportive dilettantistiche presenta da sempre aspetti che meritano di essere chiariti, in quanto continuano a dar luogo in sede applicativa a numerosi contenziosi.

Le attività ispettive condotte, negli ultimi anni, dall’INPS e dal Ministero del lavoro sui diversi soggetti del mondo sportivo hanno spesso evidenziato l’utilizzo della norma agevolativa da parte di soggetti che non ne avevano titolo, ma hanno anche fatto emergere la necessità di chiarimenti volti a definire con precisione i casi in cui trova applicazione l’art. 67, comma 1 lett. m), del TUIR.

Le stesse pronunce, sia in sede amministrativa che in sede giurisprudenziale, originate dalle opposizioni ai verbali di accertamento, sono state spesso contraddittorie, non fornendo una indicazione univoca in merito ai criteri da utilizzare.

Ciò premesso, facendo seguito alle indicazioni già fornite dal Ministero del lavoro con nota del 21 febbraio 2014 prot. n. 4036, i cui contenuti si richiamano integralmente, si ritiene opportuno precisare quanto segue.

In primo luogo va ricordato che i rapporti di collaborazione nel mondo dello sport dilettantistico trovano la loro disciplina nell’art. 90 della L. n. 289/2002 e ss. modificazioni, nel D.L. n. 136/2004 (conv. da L. n. 186/2004), nell’art.67, comma 1 lett. m), del TUIR, nonché nelD.Lgs. n. 81/2015, che costituiscono gli unici riferimenti normativi per definire il trattamento fiscale e previdenziale di tali rapporti unitamente alle regole dettate dalla L. n. 91 del 1981 per lo sport professionistico.

L’esame delle norme sopra citate consente di affermare che la volontà del Legislatore in questi ultimi anni è stata certamente quella di riservare ai rapporti di collaborazione sportivo-dilettantistici una normativa speciale, volta a favorire e ad agevolare la pratica dello sport dilettantistico, rimarcando le specificità di tale settore che contempla anche un trattamento differenziato rispetto alla disciplina generale che regola i rapporti di lavoro.

Venendo al merito di tali rapporti è necessario, preliminarmente, porre l’attenzione su due aspetti:

1. qualifica del soggetto che eroga il compenso;

2. natura delle prestazioni svolte dal collaboratore.

Sul primo punto sono di supporto le pronunce della Corte di appello di Milano, (sent. 1172/14 del 10 dicembre 2014) e della Direzione interregionale del lavoro di Napoli (decreto del 29 ottobre 2015) che hanno posto l’attenzione sul soggetto erogante, ribadendo che per l’applicazione del regime agevolativo “ciò che conta è che le collaborazioni vengano svolte a favore di organismi che perseguono finalità sportive dilettantistiche riconosciuti dal C.O.N.I.”.

Pertanto, non solo è necessario che siano perseguite finalità sportive dilettantistiche, ma il soggetto erogante deve essere anche riconosciuto dal C.O.N.I.

Nell’ambito del mondo sportivo perseguono certamente tali finalità il C.O.N.I., le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate e gli Enti di Promozione Sportiva; per quanto riguarda, invece, le singole associazioni sportive dilettantistiche e le società sportive dilettantistiche, occorre avere riguardo ad ulteriori aspetti.

Come noto le agevolazioni sono applicabili unicamente alle ASD e SSD che perseguono finalità sportive-dilettantistiche senza fine di lucro.

Per l’individuazione di tali soggetti il legislatore ha affidato al C.O.N.I. la funzione di “unico certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni sportive dilettantistiche” (art. 7 del D.L. n. 136/2004, conv. da L. n. 186/2004).

Tale certificazione attualmente avviene attraverso l’iscrizione delle ASD e delle SSD al registro delle società sportive che è stato oggetto di una profonda revisione, fortemente voluta dal C.O.N.I. per eliminare quei fenomeni di elusione spesso riscontrati in sede di verifica.

Gli accorgimenti adottati dal C.O.N.I. a seguito di un approfondito confronto con l’INPS e con l’Agenzia delle entrate, hanno reso il registro strumento idoneo a certificare la natura dell’associazione/società sportiva e l’effettiva attività sportiva svolta sotto il controllo dei soggetti affilianti (FSN, DSA, EPS).

La corretta individuazione dei soggetti (ASD, SSD) eroganti, attraverso il registro delle società sportive, costituisce la condizione principale per l’applicazione del regime agevolativo; ciononostante è altresì necessario che, successivamente, si proceda alla valutazione delle attività svolte dai singoli collaboratori.

Le prestazioni sono analiticamente indicate dal legislatore attraverso l’art. 67 del TUIR e le norme successive che ne hanno definito con precisione i limiti.

L’art. 67, comma 1 lett. m), del TUIR, riconduce tra i redditi diversi - e quindi non assoggettabili a contribuzione - “le indennità di trasferta, i rimborsi forfettari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal C.O.N.I., dalle Federazioni Sportive Nazionali, dagli Enti di promozione e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportivo dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto.

Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche”.

La norma successiva (l’art. 35, comma 5, del D.L. n. 207/2008, convertito da L. n. 14/2009) ha successivamente chiarito il concetto di “esercizio diretto di attività sportiva” precisando che in tale ambito rientrano non solo le prestazioni rese per la partecipazione a gare e/o manifestazioni sportive, ma anche tutte quelle relative allo svolgimento delle attività dilettantistiche di formazione, di didattica, di preparazione e di assistenza intese nell’accezione più ampia del termine attività sportiva.

Su tale argomento è intervenuta anche l’Agenzia delle entrate la quale ha chiarito che in questa tipologia possono essere ricompresi i compensi erogati ai soggetti che svolgono attività di formazione, didattica, preparazione e assistenza all’attività sportiva dilettantistica, ossia di soggetti che non svolgono una attività durante la manifestazione, ma rendono le prestazioni indicate a prescindere dalla realizzazione dell’attività sportiva.

Sulla base di questi chiarimenti normativi e di prassi è possibile avere un quadro di riferimento per definire le prestazioni che rientrano nell’art. 67 del TUIR ma è necessario, in sede di accesso, verificare, sulla base delle indicazioni fornite dalle singole Federazioni che attuano il riconoscimento della ASD/SSD, quali sono le attività necessarie per garantire l’avviamento e la promozione dello sport e le qualifiche dei soggetti che devono attuare tali attività.

A solo titolo di esempio è possibile citare: gli istruttori, gli addetti al salvamento nelle piscine, i collaboratori amministrativi e ogni altra figura espressamente prevista dai regolamenti federali per lo svolgimento dell’attività.

Appare opportuno chiarire che la qualifica acquisita, attraverso specifici corsi di formazione tenuti dalle Federazioni, dai soggetti che svolgono le mansioni sopra indicate (qualifica di istruttore, allenatore, addetto al salvamento, ecc.) non rappresenta in alcun modo un requisito, da solo sufficiente, per ricondurre tali compensi tra i redditi di lavoro autonomo, non essendo tale qualifica requisito di professionalità, ma unicamente requisito richiesto dalla federazione di appartenenza per garantire un corretto insegnamento della pratica sportiva.

Pertanto, sulla base delle considerazioni sopra esposte, alla luce della normativa vigente, appare chiaro che l’applicazione della norma agevolativa che riconduce tra i redditi diversi le indennità erogate ai collaboratori è consentita solo al verificarsi delle seguenti condizioni:

1 – che l’associazione/società sportiva dilettantistica sia regolarmente riconosciuta dal CONI attraverso l’iscrizione nel registro delle società sportive;

2 – che il soggetto percettore svolga mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti e delle indicazioni fornite dalle singole federazioni, tra quelle necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche, così come regolamentate dalle singole federazioni.

In tale ottica, le qualifiche acquisite dai singoli soggetti attraverso appositi corsi di formazione promossi dalle singole federazioni, nonché la loro iscrizione in albi o elenchi tenuti dalle Federazioni o dal Coni attestanti la capacità di esercitare determinate attività di formazione, non possono essere considerati di per sè elementi per ricondurre i redditi percepiti da tali soggetti tra quelli aventi “natura professionale”.

Da ultimo si ricorda che la stessa regolamentazione prevista dal decreto legislativo n. 15/2016, in attuazione della direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, che attribuisce al Coni la competenza per il riconoscimento “delle professioni di maestro di scherma, allenatore, preparatore atletico, direttore tecnico sportivo, dirigente sportivo e ufficiale di gara”, deve essere intesa come uno strumento volto a fissare i criteri che consentono anche a soggetti stranieri la possibilità di svolgere in Italia le attività sopra elencate.